LA STORIA DEL LAMBRUSCO

La produzione di questo vino è un’arte storica, si individuano testimonianze addirittura in reperti egizi, sumeri e romani. La conferma arriva dal rinvenimento di semi di vite silvestre risalenti all’età del bronzo: le “terremare“, isole emergenti sugli acquitrini conseguenti allo scorrere del fiume Po.

Testimonianze dirette ci giungono dai latini, come Virgilio, il quale citava la vitis labrusca nella sua quinta bucolica; troviamo poi riferimenti nel De agri cultura di Catone, nel De re rustica di Varrone e in Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. In Naturalis Historia, Plinio il Vecchio fornisce diverse informazioni interessanti: “la vitis vinifera le cui foglie, come quelle della vite labrusca, diventano di colore sanguigno prima di cadere”, e anche “singolare remedium ad refrigerandos in morbis corporum ardores”.

L’ipotesi più diffusa circa l’origine del nome Lambrusco riguarda la derivazione dai termini latini labrum (orlo, margine) e ruscum (pianta spontanea). I Romani adottarono il termine labrusca per indicare il crescere spontaneo di questa vite nei perimetri dei campi. I primi vini della storia erano infatti prodotti con uve selvatiche. I Romani bevevano l’antenato del Lambrusco perfino in versione frizzante, attraverso una rifermentazione in anfora: dopo averle riempite e ben tappate, ponevano le anfore sotto terra o immerse per metà in acqua gelata, in modo da tenere bassa la temperatura del vino contenuto. Per renderlo frizzante, lo mettevano in una condizione termica di maggiore temperatura e dopo qualche giorno era possibile berlo. Successivi ritrovamenti di altri semi provano che queste uve selvatiche fossero note anche agli Etruschi e ai Galli liguri.

Il successo del Lambrusco viene confermato da alcuni documenti commerciali del 1850 che raccontano di come venisse esportato in Francia e in altre parti di Europa. Matilde di Canossa, regina di quelle terre, sui territori conquistati dava sempre impulso alla coltura della vite proprio perché consapevole dei vantaggi economici che ne traeva. Modena è sempre stata il fulcro della produzione del Lambrusco anche grazie alla grande attenzione da parte delle persone che abitavano in quelle zone. Nel ‘900, i braccianti che andavano a lavorare duramente tutti i giorni consideravano il vino un nutrimento necessario al pari del pane.

LA PRODUZIONE

Quando si vinificava si divideva la prima spremitura (il “mosto fiore”) dalla seconda (il “torchiato”, all’epoca conosciuto con il nome di “sottile” o “puntalone”); il torchiato veniva tagliato con acqua e dato ai braccianti, permettendo di avere maggiori scorte e di renderlo meno alcolico.

Nel 1970 il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Salamino di Santa Croce e il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro hanno ottenuto la Denominazione d’Origine Protetta (DOP), mentre nel 2009 anche il Lambrusco di Modena ha ottenuto tale certificazione. Ad esercitare attività di controllo e di tutela è il relativo Consorzio del Lambrusco, che ha inoltre il compito di promuovere e divulgare l’immagine di tali vini.
Il Lambrusco è considerato il vino rosso frizzante italiano per eccellenza. Quella del Lambrusco è la famiglia di vitigni più diffusa nella campagna emiliana, dalle cui uve fragranti si ottiene un vino profondamente piacevole e versatile, al punto da essere il più esportato al mondo. Dalle ricerche emerge che il vino più venduto in Italia rimane il Lambrusco, con 13.12 milioni di litri (fonte il Dissapore).

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Castor

Ciao sono Castor uno studente di 16 anni e frequento la classe seconda dell'istituto Blaise Pascal, indirizzo informatica di Reggio Emilia. Sono appassionato di cucina reggiana, ma soprattutto mi piace mangiare piatti caserecci.

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